By Claire On

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“Maybe I was born to die in Berlin”, Ramones

Bisogna stare attenti aBBerlino. Se ci siete già rimasti sotto, probabilmente vi riconoscerete in questi sintomi. Se non l’avete ancora provata, spero di dissuadervi dal farlo. Molti non ne escono più: si trasferiscono senza nemmeno uno straccio di progetto convinti che tanto “mica serve il tedesco, parlano tutti inglese”, o che l’inverno dopottutto passi in fretta, o che basti l’aria berlinese a conferire un’aura benjaminiana ai tuoi starnuti su tela.

Non è proprio così.

Se fossi vostra madre o un partner geloso-compulsivo vi direi: non ci andate a Berlino! Se fossi Foucault cercherei di spiegarvi come mai Berlino fa quest’effetto, intervistando chi ci viveva prima della caduta del muro o prendendo in esame tanto i font sulle etichette delle bibite bio quanto le attività community-based o la techno music. Ma siccome sono solo la vostra pusher di guide urbane mi limito a guidarvi in perfetto stile social: sfoderando una lista numerica che finge di dare una soluzione ad un problema immaginario. Eccovi allora la vostra

Guida

per riconoscere una dipendenza da

Berlino

(La cura non l’hanno ancora inventata)

 


 

Sintomo 1 :

Farfalle nello stomaco

“Berlino è la città della mia vita!“E` fatta apposta per me” ,”Ha tutto quello che ho sempre cercato”, “Il mio futuro è qui!“, “Potrei anche farci dei bambini”. La città ideale insomma… le narrazioni si sprecano su questa città ‘diversa dalle altre’. Di Berlino ci si innamora a prima vista ma l’amore, si sa, è un po’ orbo. Ritenere Berlino la città dei sogni è un po’ come convincersi di aver trovato il principe azzurro -peccato che tutte la pensino esattamente come voi. Quindi vi tocca mettervi in fila e fare poco le principessine sul pisello, perché qualcosa mi dice che non avrete tante coccole, ma piuttosto

Sintomo 2:

Sbalzi della percezione spazio-temporale

A Berlino si rischia di perdere la cognizione del tempo. Capita, quando hai la metro aperta tutta la notte e quindi nessun coprifuoco. O quando inizi a dare per scontato che puoi andare a ballare tanto alle 6 di mattina che alle 4 di pomeriggio. C’è chi esce a far festa il venerdì e subaffitta direttamente la propria casa per tutto il weekend. Berlino è pronta a farvi godere 24 ore su 24. Ma di Domenica vi manderà a fanculo: è tutto chiuso.

E che dire dello spazio? A Berlino ce n’è ancora tanto, e lo si vive a pieno. Che sia un barbecue al parco, un giro in canotto sul canale, una mostra in uno spazio occupato, un giro in bici senza troppo traffico, un divano di casa sul marciapiede… Questa città è proprio a misura di fricchettone. Ma state dimenticando la gentrificazione.

Sintomo 3:

Perdita dell’uso dei fornelli

Il brunch turco, il pranzetto vietnamita, la cena coreana… Con lo stesso budget della vostra pizza a domicilio, a Berlino potete andare al ristorante a tutte le ore e scofanarvi porzioni giganti stile Germania dell’Est. Potreste scordarvi come si cucina, scordarvi perfino che in casa avete una cucina (ma non vi scorderete facilmente della cucina italiana). E comunque davvero siete venuti fin qui per mangiare? Non dovevamo fare la rivoluzione, ribellarci al sistema, vivere d’arte?! Che ci facciamo seduti a questo tavolo?? Ma soprattutto: com’è accaduto che la città dei punk e degli squat si sia trasformata nel paese della cuccagna con i bar più hype del continente?

Sintomo 4:

Istinto maniacale di vestirsi di nero

Succede così quando una controcultura muore: diventa una moda. Così a Berlino il punk e l’hardcore finiscono nel tuo armadio. E l’evoluzione conseguente è il normcore sempre declinato al black per tenere le radici. Poi le mode passano, solo i tatuaggi di merda restano. Ma neanche questo è un problema a Berlino: basta aggiungerne di nuovi in perfetto stile casuale duchampiano. Funzionerà.

Sintomo 5:

Sindrome di Stendhal

Arte. Arte su ogni muro. Arte fin dentro il cesso dell’ultimo locale nascosto in un seminterrato di Kreuzberg. Eccitazione crescente, aumento del battito cardiaco, della frequenza respiratoria… fino alla stanchezza e alla nausea. Siamo tutti creativi, tutti artisti. Al punto che se la sindrome di Stendhal dovesse aggravarsi faremmo fatica a trovare uno che di mestiere fa il dottore. A volte hai l’impressione che finisca tutto a egocentrismo & dj set, narcisismo & bio vegan, antifascismo & dark room, speed & nichilismo.


Berlino e la teoria del piacere

Se ho paragonato Berlino ad una droga non è tanto per i suoi rave party. Forse ricordate la teoria del piacere di Leopardi (a.k.a. uno dei più grandi pensatori che il pianeta Terra abbia mai avuto, e guardacaso uno che non andava mai alle feste). Il desiderare umano non ha limiti e si diverte un sacco a fantasticare su un piacere infinito. Se non teniamo a freno la nostra soggettività riportandola alla realtà, saremo presto assuefatti e alla ricerca di altro godimento. Non basterebbero tutti i ristoranti, i club e le gallerie di Berlino a saziare la nostra fame di piacere.

Quindi Berlino è il regno delle libertà o l’ultimo stadio dell’edonismo?

E’ la capitale del disordine creativo, l’anarchia in terra o il regno dell’ordine sotto nuove forme?

Può ancora chiamarsi  poor but sexy o l’estetismo radicalizzato l’ha resa ricca e decadente?

E se fosse solo il continuo risultare della nostra immaginazione? L’unica cosa certa è che…

Berlino se ne fotte

Di quello che pensiamo, delle aspettative che abbiamo, delle interpretazioni che proiettiamo. E’ come se la Storia l’avesse preparata ad essere sempre al centro dei discorsi, al centro dei contrasti e dei cambiamenti. Noi ci meravigliamo delle sue contraddizioni, lei semplicemente le tiene insieme, come niente fosse.