By Claire On

In ARTE, REPORTAGE

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Florence

Tattoo convention 2014

Io e il mio collega Matt siamo stati alla Florence Tattoo Convention. Sì sì, ci siamo stati proprio quest’anno, anche se dalle foto non si direbbe! Il fatto è che a Matt piace giocare con i rullini scaduti, e a me piacciono gli scatti dei tattoo di fine Era Vittoriana e i lavori del Dr Lakra. Quindi ecco qua.

Quanta strada hanno fatto i tatuaggi sulla nostra pelle… 5ooo anni di storia. 

– Ma chi mai lo direbbe guardando certi disegni imbarazzanti di oggi! –

 

 

 


Estetica del tatuaggio

Whatever that means

Alle convention, come negli studi dei tatuatori, se ne vedono un pò di tutti i colori: il gusto più evoluto e raffinato  si incontra con la peggiore trovata tamarra -e magari non si salutano nemmeno. Entrambi sono clienti, il problema è che quelli privi di senso estetico e cultura sono molti di più. Perciò, complice la crisi, la leva del prezzo può far sì che i migliori tatuatori del momento fatichino a lavorare se non hanno già un nome, perché per risparmiare ci si affida senza problemi agli improvvisatori. Secondo me se si potesse, molti si farebbero tatuare da H&M. E va bè.

Ora che i tatuaggi ce li hanno tutti, è chiaro che non sono tutti uguali.

Dal punto di vista di chi si fa tatuare, la differenza può farla il soggetto (e la storia che c’è dietro). Ma dal punto di vista del tatuatore la differenza la fa soprattutto l’interpretazione: lo stile. Ogni arte ha la sua tradizione e i suoi modelli, frutto di una lunga e devota “ripetizione differente”. E’ la “maniera” che fa il successo di un tatuatore, che lo rende riconoscibile e ricercato.

Alla maniera di

Restiamo a Firenze ma con un salto temporale

il Manierismo è stato oggetto di critiche e giudizi opposti nella storia dell’arte. Accusato di essere irrealistico e lezioso, frutto di un’elaborazione formale portata all’estremo, è stato poi rivalutato (più o meno per la stessa ragione) come un movimento anti-classico e anti-mimetico. I colori innaturali e le forme serpentinate sono state riconosciute come unnuovo linguaggio figurativo. Un pò quello che è successo con l’arte dei tatuatori… e sapete cos’altro hanno in comune? La crisi spirituale.


L’inquietudine

Il corpo che sono è tutto ciò che ho

Molti di noi pensano di non avere/essere nient’altro che corpo. E non sarò certo io a dire che hanno torto. Ma tutto dipende da quanto è complessa la tua idea di corpo. Il corpo è il mio spazio di intervento e libertà, ma fa presto a diventare la mia prigione. Chi separa mente e corpo, o riduce l’una all’altro, non rischia troppo di rimanerci intrappolato?

Materialismo era una bella parola una volta. Ora significa che abbiamo paura di non esistere se non lo dimostriamo ‘materialmente’, sulla nostra superficie. E dentro?

Ho già parlato altrove di filosofia del corpo e di esibizionismo narcisista 2.0. I due discorsi si incontrano: la nostra pelle è il nostro specchio… e nell’epoca dei media noi stessi ci siamo trasformati in un mezzo di comunicazione, veicolando simboli, archetipi, meme. C’è un senso in cui il postmoderno è finito da un bel pezzo (viva la realtà) e un senso in cui invece non finirà mai. Il “manierismo” dei tatuaggi mi sembra una prova.

Io non lo so se i tatuatori si divertivano di più quando erano una nicchia controcorrente, o adesso che sono diventati gli idoli degli adolescenti e delle loro mamme. Ma non posso non chiedermi cosa voglia dire l’attuale rivalutazione delle sottoculture. Penso al simile destino degli autori di Graffiti: da outsider ad artisti in galleria. A Parigi (e non in uno spazio qualunque) è tuttora in corso un’esposizione ambiziosa Tatuatori, tatuati che intende ripercorrere la storia dei tatuaggi in tutto il mondo fino ad arrivare ai grandi nomi di oggi. Come dire: dalle pitture rupestri ai barattoli di Campbel. Ha senso per voi un’operazione del genere? E quale?

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