Questa volta mi servirebbe una voce narrante del calibro di Carlo Lucarelli, perché il posto in cui sto per guidarvi ha un fascino inquietante e una storia quantomeno singolare [taglio di luci, parte la musichetta].
Ne avrete già letto in rete, Doel [leggi dul] è un paese quasi del tutto abbandonato (sono rimasti 26 abitanti) stretto fra il secondo Porto più grande d’Europa e una centrale nucleare. Insomma l’area circostante è un paesaggio apocalittico che sembra dire all’Universo “Ehi guardateci, siamo gli esseri umani e stiamo annientando il nostro pianeta!!!” e nei giorni di pioggia ribadire “Ci siamo quasi eh, la fine è imminente!”. La cittadina poi non è da meno. Credetemi, se tra i ruderi delle case vedeste spuntare lo gnomo armato di ascia non fareste una piega.
“Cerca casa da queste parti signor Gnomo Armatodiascia? E’ un ottimo investimento sa,
perché ora è deserto e tutto da ristrutturare, ma se si sparge la voce
tra i fan di The Walking Dead, è un attimo che parte la gentrificazione!”
In realtà quello che vediamo oggi è il triste risultato di un’evacuazione imposta, dovuta all’allargamento del Porto (“Ok gente, prima viene il business, poi gli esseri umani e in ultimo piante e animali. Annientiamo il pianetaaaaa!!!”)
Ma la prima cosa che una guida che si rispetti deve dirvi su Doel è: come arrivare a Doel. Questo luogo infatti non è contemplato come meta di viaggio dalla città di Anversa (i soliti geni del marketing turistico), quindi persino nei punti d’informazione ti fanno le facce perplesse di chi non ha proprio idea di come aiutarti.
Con auto e gps non serve essere delle menti brillanti per arrivarci, ma scommetto che voi siete in Belgiosenz’auto e scommetto pure nel weekend. E nel weekend non ci sono bus per Doel. La prima volta, presa da megalomania, ho pensato di circumnavigare Anversa e raggiungere Doel via fiume. Ma in bassa stagione non c’erano neanche i battelli. L’autostop è un terno al lotto visto che nessuno deve andare a fare qualcosa a Doel. Ho chiesto il prezzo del taxi per dovere di cronaca ed era esagerato, ma in ogni caso mi sembra veramente poco dignitoso farsi portare in taxi a vedere la Street Art. Piuttosto noleggiate un auto, che ne so! Quanto a me, mi sono munita di mappa dettagliata della zona, decisa a tentare la missione in bicicletta. Per fortuna la signora delle bici non me l’ha voluta affittare, perché sosteneva che non sarei riuscita a ritornare in tempo per il suo orario di chiusura (ma quella della bici resta un’opzione validissima, solo piuttosto hardcore). Tornata a casa mi è venuto un lampo 2.0 e ho creato un evento su Couchsurfing nel quale, presentandomi come una blogger italiana, spacciavo un tour di Street Art per appassionati di fotografia. Della serie: “Ti piacerebbe venire con me? E allora mi ci porti tu?!”. Due simpaticissime fiamminghe automunite hanno abboccato, e così siamo partite.
Quindi come arrivare a Doel?
La risposta è: con un pò di fantasia.
Ed eccoci per le stradine di una città fantasma. Sullo sfondo i due coni della centrale nucleare. Come una Springfield ma senza ‘cartoni’, perché la realtà è già abbastanza allucinante di suo. E così quasi per scherzo c’è pure un mulino a vento (chissà che direbbe Cervantes di un futuro così distopico…). Dalle casette diroccate vedi passare le navi, e tutto cade a pezzi ed è tappezzato da spray e vernici varie. Si tratta di interventi illegali, perché qui non è che siano proprio ospitali con gli artisti urbani, anzi. I locals si aggirano guardinghi come sceriffi e in giro trovate cartelli contro il vandalismo. Insomma se ve lo stavate chiedendo, dipingere a Doel non è esattamente una passeggiata. Per “esposizione mediatica” direi che vince Roa, ma diciamocelo è sempre più facile se giochi in casa!
Da non perdere: il bar di Doel. Perché quando pensi di aver già visto molte cose strane (tipo l‘ex ospedale psichiatrico San Cornelio) se fai caso ad un cartello sul ciglio della strada, ti ritrovi nella taverna di un’altra dimensione con personaggi come una coppia finlandese che sembra uscita da un giallo svedese:
“Noi nella vita giriamo il mondo in cerca di luoghi abbandonati, lui fa le foto e io scrivo … no, il progetto non ha ancora un nome e nemmeno un sito… forse nemmeno esiste, come noi del resto buahahahaha”