Non dovremmo essere qui.
E sarà meglio non farlo sapere in giro: le voci corrono veloci. Qui invece si è fermato tutto. Stanno tutti zitti -sicuramente tramano. Saranno ammuffiti ormai, la rabbia li avrà impietriti. Si saranno mangiati il fegato giorno dopo giorno, mentre mettevan su lunghi artigli. Spero solo che Gianna si sbrighi, o che la faccia finita -siamo nel posto giusto.
‘Finalmente. Rubato dei bei fiori?’
‘Guarda qua. Si sono accartocciati così bene!’
‘Sì, sono lugubri’
‘Vedrai quando avrò inciso le foglie, diventeranno mani ammalate, ho già tutto in testa’
‘Su, andiamocene, ho troppi sguardi addosso’
Casa sua è come la sua testa (inesplorabile? Scivolosa). Gianna non butta mai niente, accatasta. Nella sua grotta in subaffitto accumula i ricordi in pile, finché è impossibile rispolverarli. Collezioni di caos, dimora per funghi e trappole di ragno. Gianna dorme con i gatti e piscia con gli insetti. Quando entri hai la sensazione che tutto possa crollare da un momento all’altro. Se glielo fai notare, lei ridacchia.
‘Bevici sopraaa!!!’
‘Ci sei già tu che bevi per tutti e due’
Ma me ne verso anch’io. Certe volte è dura seguirti. Sembri innocua col bicchiere in mano. Il peggio viene quando hai scolato l’ultimo.
Dio solo sa a cosa starai pensando. Il dio dei raeliani.
“Chissà come saremmo io e te visti da fuori. Dici che siamo come nelle fotografie?”
“Eh, dipende da chi scatta la foto, ogni macchina ha i suoi occhietti.
Però non mi farei troppe illusioni: non ti vedono quasi mai con gli occhi ubriachi.”
“Forse saremmo tristi”
“E belli! Come i fiori cadaveri.”
“Consumati”
“Belli da morire”
Il tavolo comincia a fluttuare. Mi guardo nel vetro e non ci trovo.
Perché non siamo?
Lo sapevo che non dovevamo andare al cimitero, non si rubano i fiori ai morti cazzo. Forse siamo stati maledetti e non ne siamo mai usciti, siamo diventati fantasmi anche noi. “Che mi hai messo nel vino?” Lei ridacchia. “Un’altra volta?? Devi smetterla Gianna! Fra qualche ora lavoro, che ti dice la testa? No, aspetta non vorrei mai saperlo.”
Ecco fatto. Va in paranoia anche lei. Sarà chimica, sarà empatia: le si attacca sempre tutto addosso -e al solito lei non butta via niente.
“Dai calmiamoci, non volevo fartela prendere male”
“Ho già imboccato un tunnel… magari dimmi una cosa bella”
“Ti ricordi?
Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Ti vedo come fosse ora. Sei spuntata all’improvviso. Avevi i capelli corti e la sapevi già lunga… Mi hai detto: Adoro le tue occhiaie! Secondo me ti piaccio anch’io. Scommetti che se ci beviamo un bicchiere diventiamo ancora più belli?”.
Ecco fatto. Sembra salva per ora. Ridacchia.
Foto di Fabrr