By Claire On

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[articolo originale su Bolognina Basement]

Ogni luogo ha la sua storia, anche se non è detto che abbia voglia di raccontarla. Nessun luogo è un libro aperto: si può solo provare ad entrare…

E’ proprio vero, il cielo da queste parti ha i colori delle stampe sulle maglie dei surfisti. A prima vista San Diego era calda, rigogliosa e rilassata, ma non mi sembrava affatto messicana. Almeno finché giravo in bici tra le villette a schiera di North Park. Non c’era un’auto che non si fermasse all’incrocio per lasciarmi passare, non c’era un bar che non mi offrisse un’alternativa vegan-glutenfree. Poi ho preso un bus Tijuana-L.A. che parlava spagnolo e vietava espressamente armi a bordo, e per un attimo mi sono sentita nel DF. Dopotutto qui siamo molto vicini alla frontiera che come un muro immaginario separa gli Stati Uniti dal Messico. E vicinissimi a Tijuana, dove il muro è letterale. Ma torniamo un attimo a San Diego.

I muri raccontano delle storie, non è una novità: accade dall’età della pietra. Nel caso del muralismo chicano, lo storytelling è volontario e ha un fine tanto simbolico quanto pragmatico.

I muri (o meglio i piloni) del Chicano Park di Barrio Logan dicono molto sul loro luogo. Ma forse è meglio se ci chiariamo: “Chicano” non è sinonimo di Messicano-Statunitense, non è una condizione di fatto -come i dati sul passaporto, ma una presa di coscienza culturale e politica. In questo senso il Chicano Park di San Diego, frutto di un’intensa attività community based, ci parla dell’attivismo e dell’arte chicani. Nei primi anni Sessanta gran parte del quartiere era stata distrutta per costruire un incrocio dell’Interstate 5 e la rampa del ponte di Coronado -intervento che tagliò in due il Barrio, dividendo la comunità e riducendola di 5000 residenti. Dopo anni di petizioni per la realizzazione di un parco di quartiere, nella primavera del ‘70 gli abitanti decisero di mobilitarsi e bloccare le ruspe che avrebbero trasformato l’area reclamata in una stazione della polizia autostradale. Il parco viene occupato per dodici giorni durante i quali i cittadini mettono in atto opere di manutenzione, giardinaggio, pittura murale e una rete di iniziative che ancora oggi fanno di Barrio Logan uno dei luoghi più interessanti della città.

Barrio Logan by Johannacazzo
I murali chicani narrano e celebrano: non solo i grandi eventi della storia messicana, i suoi eroi rivoluzionari ma anche la vita del barrio di tutti i giorni. E quando i muri sono confini imposti, ridisegnarli può voler dire aprire un varco. Per raccontare un’altra storia.

San Diego e Tijuana sono vicinissime, ma separate da una barriera artificiale storicamente recente. Muoversi è diventato un atto ostile. Quando prendi il Trolley da San Diego a San Isidro per passare i controlli della dogana non avverti la difficoltà: poche chiacchiere, un timbro sul passaporto e in un attimo sei dall’altra parte. Ma quando provi a tornare indietro, dal Messico agli USA, la storia si fa lunga se non hai la Green Card -se tutto va bene ti tocca qualche ora in fila cercando di non pisciarti addosso. Nel corridoio della dogana c’erano famiglie accampate a terra, non so dirvi da quanto. Niente di strano. Ogni giorno residenti illegali in suolo americano vengono deportati a Tijuana. Mentre ero in coda un tizio americano -che doveva pensarla come me, ma che probabilmente era anche fatto di crack- ha deciso di manifestare i suoi diritti alla libertà di movimento prendendo a testate il desk della polizia di frontiera, finendo così per prolungare ulteriormente l’attesa a tutti quanti.

Siamo murati in un limbo.

Ci bevo sopra nonostante debba già andare in bagno. San Diego e Tijuana hanno leggi diverse, eppure le accomuna lo stesso Mezcal di produzione industriale. Chiedere dove potessi trovare un buon Mezcal artigianale era stato il mio modo di socializzare durante il viaggio. Li coglievo tutti impreparati ma erano così gentili da provare ad aiutarmi, negozio dopo negozio di marchi da esportazione per turisti dai palati poco raffinati. “Qui non è il vero Messico” mi ha detto uno del posto. Al tramonto ho avuto come l’impressione che questa scatola per turisti americani in cerca di svago e medicinali si sarebbe chiusa da un momento all’altro. Che avrebbero smesso di invitarti ad entrare e comprare e che lo show sarebbe finito.

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Si avverte che c’è un altro mondo dietro questo siparietto di asini dipinti da zebre e souvenirs che scimmiottano l’ artigianato tradizionale. Un mondo sempre in attesa, che fa avanti e indietro con le buste della spesa. Se non lo vediamo, è perché ci siamo messi un muro davanti agli occhi.

Ma a Tijuana c’è anche una giovane scena artistica che si fa avanti e cresce. Ad esempio ho scoperto Out Here, un progetto nato lungo il muro del passaggio pedonale (dove prima c’era un tunnel per i coyotes) con l’intento di valorizzare tanto la scena artistica locale che quella oltreconfine. Uno spazio per riunire la comunità artistica di qua e di là dalborder, attraverso opere di street art, esposizioni e workshop. Anche a San Diego l’arte è meticcia e ha le porte aperte. Di recente un’ amica ha aperto una galleria che collabora con illustratori, performer e street artist, californiani e messicani. Teros Gallery è l’evoluzione urbana di Teros Magazine, una rivista d’arte dallo spirito visionario e, già dal nome, decisamente “extra-confine”.

San Diego e Tijuana sono così diverse, eppure sui loro muri puoi riconoscere gli stessi artisti…

Surfin’:

Chicana Art Gallery

Barrio Arts District

Community radio

Barrio logan

The Roots Factory

Chicano Park Documentary

Self Help Graphics & Art (LA)

Casa del Tunel

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